Strategie Vincenti
La mia esperienza personale all’Experiential Training Barcamp 2015
Giovedì e venerdì della settimana scorsa ho partecipato alla 6^ edizione dell’Experiential Training Barcamp (il cui hashtag è #ETB06 o semplicemente #ETB) che si è tenuto a Monselice in provincia di Padova e questo articolo racconta la mia esperienza personale, che per me ha tutto il sapore di un classico “viaggio dell’eroe” alla Joseph Campbell.
Ma comincia dall’inizio:
Che cosa è un BARCAMP ?
Un barcamp è una non conferenza aperta in cui i contenuti li propongono i partecipanti con uno spirito di condivisione e di voler imparare gli uni dagli altri. Sei quindi allo stesso tempo partecipante e (se vuoi) colui che condivide qualcosa.
In genere ogni barcamp ha un tema, i primi barcamp sono nati attorno al software libero e alle reti sociali, ma ormai ce ne sono di tutti i tipi. Quello a cui ho partecipato io è sulla formazione esperienziale.
Che cosa è ?
E’ un tipo di formazione che non è “frontale”, cioè io formatore sto davanti e ti propino un sacco di teorie e poi ho finito e tu te ne torni a casa con la testa piena di concetti e non hai fatto niente, ma si parte da un’esperienza che si fa in gruppo (per esempio costruire un ponte con semplici pezzi di legno, fare una torre con degli spaghetti, cantare un pezzo gospel pur non sapendo l’inglese, nè cantare, etc le possibilità sono infinite) per poi fare una riflessione sull’esperienza fatta (debriefing).
Capisco che per chi finora sia stato soltanto a conferenze classiche, in cui ci sono uno o più relatori che parlano da soli per ore da un palco, sia difficile capire cosa sia un barcamp e quale sia l’aria che vi si respira, perciò seguitemi in questo viaggio.
Come l’anno scorso, anche quest’anno, Barcamp era ospite della Comunità S.Francesco di Monselice ubicato in mezzo al verde vicino ai colli, per i workshop (cioè le conferenze, i seminari) sono state messe a disposizioni varie stanze di tutte le misure (io ho dato il mio workshop in palestra e nella saletta della macchina da caffè, mentre ho partecipato ad un workshop dove una parte dell’attività si è svolta in bagno 😀 ) e diversi spazi all’aperto, per questo motivo le ubicazioni dei workshop nel gergo del barcamp vengono chiamati corner (in inglese “angoli”), infatti alcune volte semplicemente ti metti in un angolo e parti con quello che vuoi fare.
Sparso sui muri del barcamp era affisso il seguente cartello:
Non è uno spirito fantastico ?
Perchè non lo applichiamo anche al nostro posto di lavoro e alle nostre relazioni ?
Una volta capito lo spirito, ti chiederai: “Ma come cavolo si può avere un minimo di organizzazione in cui tutti possono presentare qualcosa ?”
Bella domanda (per niente banale) !
Per farla breve, ogni organizzatore di un workshop ha esposto in poche parole il suo tema e (in ordine di iscrizione) ha scelto sul mega-tabellone in quale corner e in quale sessione avrebbe fatto il suo workshop.
Poi ogni partecipante decideva a quale workshop partecipare e come iscrizione apponeva un post-it con il suo nome.
Vi assicuro che la confusione era enorme, sia perchè chi organizzava i workshop cercava di incastrare nel migliore dei modi ubicazione ed orario (anche facendo scambio con altri organizzatori), sia perchè i partecipanti spesso non sapevano cosa scegliere per la concomitanza di workshops che gli interessavano.
Di fatto, scegliere a quale workshop partecipare, è già un’esperienza in sè. #ETB6 Tweet
Ma come per magia tutto ha funzionato e alla fine della giornata si vedevano solo giornate sorridenti che condividevano in continuazione le proprie esperienza 🙂
Attraversare i propri limiti
Ogni workshop ha una durata di 75 minuti, che non è molto tempo per fare un’esperienza di gruppo e poi un giro di debriefing per raccogliere le esperienze vissute e infine per qualche considerazione. Mentre iniziava il primo workshop a cui ho partecipato, quello di Gert Winters e Laurens Vanderbrugghen, che sono venuti dal Belgio per partecipare a questo barcamp, stavo scambiando qualche battuta con il ragazzo vicino a me, che manifestava il suo scetticismo nel fatto che Gert e Laurens sarebbero stati capaci di farlo uscire dalla sua Zona di comfort…
Gert e Laurens ci hanno fatto uscire tutti fuori ed in gruppi da 3 ci hanno fatto rientrare in 3 stanze (una era un’ufficio e 2 erano bagni). In ognuna c’era un computer portatile con la webcam accesa puntata su di te e un foglio con le istruzioni appese al muro. Avevi soltanto 3 minuti per portare a termine il compito assegnato e una volta uscito dovevi tenere “acqua in bocca” e fare finta di niente, fino a che tutti non avessero finito.
Le istruzioni sul foglietto recitavano:
- pensa alla situazione più imbarazzante in cui tu ti sia mai trovato e CANTALA davanti alla telecamera
- togliti TUTTI i tuoi vestiti e rimettili a rovescio
- hai soltanto 3 minuti a disposizione
Beh, queste istruzioni mi hanno catapultato fuori dalla mia zona di comfort finendo dritto nella zona di disagio (alias zona di apprendimento) al confine della mia zona di panico (altro che non bastano 75 minuti per rasentare il panico… 😀 ). In un primo momento mi sono bloccato e non mi veniva in mente niente (la telecamera, sono completamente stonato, la pressione di avere soltanto 3 minuti a disposizione…) fino a che ho iniziato a cantare “Questo è il mio momento più imbarazzante… la la la ” 🙂 e ho iniziato in fretta a togliermi i vestiti, a girarli e a rimetterli.
Quando hanno bussato alla porta per segnalare che era arrivato il momento di uscire tutti e 3, ognuno dalla propria stanza, mi ero messo mutande, pantaloni, corpetto, camicia e giacca tutte a rovescio ed ero rientrato nella mia zona di comfort, infatti stavo ridendo e mi stavo divertendo ed ero pronto a voler vedere come erano conciati gli altri 2 che uscivano assieme a me dalla propria stanza.
Per mia grande sorpresa gli altri 2 NON avevano addosso vestiti girati e quando Laurens ci ha detto di NON dire niente e di uscire fuori e raggiungere altri, come se niente fosse, sono istantaneamente ritornato in zona di panico: mi sentivo lo scemo del villaggio e mi sono bloccato di nuovo per qualche istante ma poi sono uscito e mi sono unito agli altri (noi 3 eravamo i primi che erano entrati nelle stanze).
Mi sentivo fortemente a mio disagio e per abbassare la pressione ho subito iniziato:
- a parlare con il mio vicino (nonostante io sia piuttosto introverso)
- ho cercato le gomme da masticare per prenderne una e per fare lo splendido che le offriva
- a cercare di nascondere le mie mani nelle tasche dei pantaloni o della giacca, ma non ci riuscivo, perchè avevo i vestiti girati e le tasche erano all’interno 😀
Di nuovo sensazione di disagio, ma è stato per me veramente interessante prendere consapevolezza di quali schemi e comportamenti io metta in atto quando finisco in zona di disagio o panico.
Alla fine nel giro di condivisione finale (debriefing) Gert e Laurens hanno brevemente introdotto quali sono le strategie che tipicamente mettiamo in atto per rientrare nella zona di comfort, quando ci ritroviamo catapultati fuori da essa.
E’ stato interessante per me, rendermi conto di come ognuno attui la propria strategia e che quella predominante, nel gruppo in cui ho partecipato, sia stata il dialogo interno, cioè quel dialogo immaginario che avviene nella nostra testa tra il diavoletto e l’angioletto.
Ciò che mi sono portato a casa da questa esperienza è una maggiore consapevolezza dei miei comportamenti quando sono a disagio. GRAZIE Gert e Laurens !
Il viaggio sciamanico e la forza guerriera di Ogun
Sara Gambelli ci ha guidati prima nello spazio vuoto dello zero e poi, a suon di musica afro-brasiliana, suonando il tamburo e con la sua voce, a risvegliare la forza guerriera di Ogun.
Questo viaggio avveniva in piedi ad occhi chiusi, muovendoci guidati dal battito del tamburo per richiamare tutta la forza di Ogun, poi ci siamo distesi a terrà per andare incontro alle nostre guide spirituali.
La parte in piedi è stata molto potente per me: sentivo tutta l’energia risalire la mia spina dorsale, ho sentito potenza e coraggio nel mio corpo, ho apprezzato tantissimo la saggezza del guerriero che condivide il suo amore, mi sentivo leader della mia tribù e mi guardavo indietro per vedere la mia gente, che ora sono finalmente pronto a guidare.
Quando ci siamo distesi per terra e Sara ha introdotto quale sarebbe stato il viaggio da lì in poi, ma non ci ha più guidati con la sua voce, io mi sono perso. Sono ritornato tutto nella mia testa e mi sono bloccato.
Da questa esperienza mi sono portato a casa:
- la consapevolezza che ho la tendenza a finire nella mia testa, prigioniero dei miei stessi pensieri
- la conferma dell’energia che ho dentro
- la conferma che è arrivato il momento di guidare la “mia gente” (in passato avevo la convinzione di essere un buon gregario, ma di NON essere un leader)
- la consapevolezza, vedendo la trasformazione di Sara rispetto a come l’ho vista e percepita l’anno scroso al precedente Barcamp, che quando ti metti in cammino, anche in poco tempo, puoi ottenere grandi cambiamenti
- la conferma che i cambiamenti avvengono sempre dall’interno (inside out)
Ti ringrazio di cuore Sara, questa esperienza è stata preziosa per me.
Biodanza, Chakra e stimoli multisensoriali
Avendo capito che ho bisogno di uscire di più dalla mia testa e riconnettermi con il mio corpo, ho scelto di partecipare a questo workshop. Giancarlo Gechelin ci ha guidati attraverso un bellissimo viaggio tra suoni, colori, profumi di oli essenziali. In questo viaggio abbiamo percorso i 7 chakra muovendoci e mediante interazioni a 2 e tutti assieme.
Per me, le esperienze più belle sono state (in ordine crescente):
- le carezze ricevute sul viso: una sensazione bellissima e rilassante (Grazie Giulia)
- la connessione cuore a cuore con una donna: da come si è appoggiata sulla mia spalla ho percepito come si stesse fidando di me, poi a livello di cuore c’è stato uno scambio di emozioni che non riesco tradurre in parole (Grazie Antonella)
- l’abbraccio finale di gruppo: una sensazione indescrivibile di connessione, di potermi appoggiare a qualcun altro e di essere sostenuto ed accettato. Incredibile ! Grazie di cuore a TUTTI
Oltre a questo mi sono portato a casa l’insight che il cuore ha un suo cervello e la volontà di acuire di più la mia capacità di percepire i segnali deboli che ho sentito durante questa esperienza.
E non ho aspettato a lungo 🙂
La mattina seguente mi sono acoccolato con mia moglie e mi sono connesso con lei a livello di cuore a cuore, ho ascoltato le mie sensazioni e poi le ho raccontato ciò che ho provato: è stata in assoluto la volta in cui mi sono sentito più connesso con lei. BELLISSIMO !
Grazie di cuore Giancarlo.
Vulnerabilità: una debolezza da cui sfuggire oppure un punto di forza ?
Questo è il titolo del mio workshop. Non avevo mai dato un workshop e dire che ero emozionato è un understatement: durante la presentazione iniziale in riunione plenaria davanti a tutti, sono quasi scoppiato a piangere, quando in realtà bastava recitare il titolo del proprio workshop e aggiungere una frase esplicativa 🙂
Ho preso il coraggio per le corna e ho deciso di dare il mio workshop subito alla prima sessione.
Siamo andati in palestra e si sono presentate più persone di quanto mi aspettassi (saranno state una quindicina).
Abbiamo iniziato confrontandoci su quali erano le diverse percezioni ed esperienze dei partecipanti riguardanti l’essere vulnerabili.
Purtroppo la mia inesperienza ha portato che questa fase sia durato troppo lunga e siamo finiti completamente a livello testa, mentre in realtà la vulnerabilità è 100% cuore.
Per fortuna ad un certo punto ho interrotto questo stato e ho iniziato con un esercizio pratico.
Alla fine ero felice di essere riuscito con questo seminario a rompere il ghiaccio e una ragazza mi ha dato il suo feedback che ha avuto l’insight che la vulnerabilità è una chiave potentissima per crescere figli responsabili e resilienti alla vergogna.
Un singolo insight può cambiare tutto – Rich Litvin Tweet
Il mio secondo workshop era in programma per il dopo cena di giovedì, ma non si è presentato nessuno ! 😀
Nonostante la paura del rifiuto abbia caratterizzato gran parte della mia vita e mi avesse terrorizzato prima dell’inizio del Barcamp, il fatto che non si fosse presentato nessuno non ha avuto alcun effetto su di me. Complice del mio reframing è stata la presenza su diversi muri del barcamp del seguente cartello
Chiunque venga, è la persona giusta – #ETB Tweet
Quindi ho semplicemente preso atto del fatto che in quel momento NESSUNO era la persona giusta e così mi sono cercato un workshop a cui partecipare e ho scelto quello del mitico Luigi Mengato che al volo (per tappare un buco nel programma) si è inventato un workshop per mostrare come utilizzare nella facilitazione le carte delle emozioni
La sessione di venerdì mattina per fortuna NON è andata deserta 😉
Ho deciso che rimanessimo tutti in piedi (in modo da rimanere più attivi) e ho cercato di parlare meno io e di iniziare prima con gli esercizi
Il workshop è andato meglio rispetto a quello del giorno precedente, ma ho notato che una partecipante era distaccata, sembrava non voler partecipare e all’ultimo esercizio (quello in cui invitavo ciascuno ad andare dalla persone che “a pelle” avrebbe evitato), ho fatto la mia parte e sono andato dritto da lei.
Il feedback che mi ha dato è stato preziosissimo: in pratica io davo una struttura iniziale e poi facevo fare gli esercizi e lei questa struttura non se la sentiva sua, per cui ha preferito non partecipare.
Ti ringrazio di cuore Claudia Coppola per la tua sincerità e il feedback che mi hai dato: in questo modo ho risparmiato un sacco di tempo in tentativi.
Infatti nell’ultima sessione di venerdì sera ho deciso di non usare più il tabellone e di non parlre più, ma di partire immediatamente con gli esercizi (dopo tutto non si chiama formazione esperienziale ? 😉 )
E’ stata di gran lunga la sessione migliore: se dovessi dare un voto da 1 a 10 alle 3 sessioni che ho svolto, darei un 3 alla prima un 5 alla seconda ed un 10 all’ultima.
E questo è l’effetto che, mostrare la propria vulnerabilità, può avere sulle persone:
Ciò che mi sono portato a casa è che:
- è importante essere flessibili
- che è fondamentale chiedere ed ascoltare i feedback (ti fanno risparmiare tantissimo tempo ed inutili errori)
- la conferma che mostrare la propria vulnerabilità può trasformare le relazioni tra le persone rendendole autentiche e profonde
Ringrazio di cuore TUTTI quelli che hanno partecipato ai miei workshop: siete stati coraggiosi e le esperienze, emozioni e feedbacks che avete condiviso con me, mi hanno arricchito.
Il ritorno a casa
All’inizio dell’articolo ho raccontato come questi 2 giorni siano stati per me come il mitologico viaggio dell’eroe. La parte più bella del viaggio è stato quando sono tornato a casa dai miei cari con la consapevolezza che sono cambiato, che sono riuscito a gettare alcune delle maschere con cui mi proteggevo, che sono riuscito a lasciare uscire un pò di più della mia autenticità e che essere visto per quello che sono, mi ha fatto sentire accettato e amato. Così a mia volta sono stato in grado di continuare la spirale positiva e amare di nuovo a mia volta.
Essere riuscito ad accompagnare alcune persone nel mio stesso percorso, non ha prezzo. Vi ringrazio ! 🙂
Infine un ringraziamento particolare va a Luigi Mengato, Leonardo Frontani e Giada Marafon per aver organizzato questo speciale Barcamp
P.S: segnatevi subito il 26 e 27 maggio 2016 (sono le date della 7^ edizione dell’Experiential Training Barcamp) ed iscrivetevi al gruppo Facebook
Non saprei che dire in questo momento cerco sole le parole adatte per
dare un giudizio positivo sul tuo operato Alexander…l’articolo mi è piaciuto molto non solo io credo fermamente nel far l’opposto di ciò che pensa la gente solo per il semplice fatto che qualcosa cambi dentro di noi sia nel sentirci più sicuri sia per mettere alla prova noi stessi …
non so se il mio messaggio sia stato chiaro non credo di esser bravo nel scrivere ciò che penso.. ma chi e in intelligente come te capisce le persone al volo.
Ringrazio che esistano persone come te in questo mondo dove si possa guardare
oltre le apparenze ci può essere qualcosa in più…
Gabriele
Sì Gabriele, ho capito cosa vuoi dire.
Grazie per le belle parole.
Ciao
Alexander