Strategie   Vincenti

Lasci “guidare” anche gli altri (o sei sempre solo TU davanti) ?

Domenica scorsa per me è stato l’ultimo fine settimana in montagna per questa stagione e mentre ero sulle piste da sci la mia attenzione è stata attirata da un adulto che sciava con un bambino di non più di 3 – 4 anni.

Ciò che ha attirato la mia attenzione è stato, che l’insegnante invece di procedere all’indietro precedendo il bambino, stava dietro al bambino e, se necessario, lo frenava con delle cinghie attaccate ad una imbragatura indossata dal bambino.

Dal punto di vista psicologico, secondo me, i 2 metodi danno risultati enormemente differenti: nel primo caso il bambino si butta e si lascia andare (tanto c’è il maestro che mi prende…), nel secondo caso ha tutta la pista davanti e può (anzi DEVE) scegliere LUI dove andare.

Anche soltanto il fatto che non ci sia una persona davanti che ti sbarra l’avanzamento, ma invece avere qualcuno DIETRO che ti incoraggia di andare, ti da un messaggio di fiducia totalmente diverso: nel primo caso è “NON mi fido di te, è meglio che mi metto a prenderti”, nel secondo “mi FIDO di te, vai pure avanti !”.

E TU nella quotidianità COME ti comporti ?

Nella TUA vita di tutti i giorni:

  • nel lavoro
  • nel tuo rapporto di coppia
  • con i tuoi figli

dai fiducia a chi ti sta vicino ?

Lo lasci guidare da solo ?

Gli permetti (e lo incoraggi) di sbagliare ?

oppure ti metti in mezzo e fai vedere in continuazione ciò che deve fare ?

Sei la media delle 5 persone con cui passi più tempo – Jim Rohn

La frase di Jim vuole dire che noi siamo influenzati da chi ci circonda e NOI possiamo influenzare chi ci sta vicino: perchè allora non creare un clima di fiducia ?

Se TU non hai fiducia in chi ti sta vicino, chi ti sta vicino ha la tendenza ad avere meno fiducia in sè stesso (occhio che questo comunque NON toglie la responsabilità di ciascuno ad avere fiducia in sè stesso ed ad alimentare la propria autostima).

L’AMBIENTE in cui stiamo ha un’enorme influenza su di noi: sii TU il primo a creare un ambiente che favorisce il clima, lo stato d’animo o il cambiamento che vuoi vedere attorno a te.

Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo – Gandhi


Ora più che mai c’è bisogno di avere nuovi leaders, di persone che si assumano responsabilità, che siano umili, vulnerabili, autentiche e disposte a battersi e mettersi in gioco per migliorare questo mondo. Per crescere persone di questo tipo, c’è bisogno di dargli spazio di provare, di sbagliare e noi dobbiamo dargli fiducia.

Iniziamo nel nostro piccolo dai nostri figli, dai nostri partner e dai nostri colleghi.

Un VERO Leader fa crescere altri Leaders ATTORNO a sè

 

Un VERO Leader fa crescere altri Leaders attorno a sè


…appunto ATTORNO (non dietro) a sè. 😉

Oggi chi incoraggi a guidare e sbagliare ?

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14 Commenti

  1. Bello e condivisibile. Però caliamo il tutto nel mondo reale. Nell’ATTUALE mondo reale, soprattutto quello lavorativo. Due esempi di vita vissuta.

    Ho fatto per tanti anni il venditore di automobili. Vai ai corsi, tra l’altro organizzati dalle stesse case automobilistiche, e ti insegnano a dar valore al cliente, a soddisfare i suoi bisogni, a creare fiducia e bla bla.

    Torni in concessionaria. Arriva il cliente che ti chiede informazioni sul modello x. Il tuo responsabile appena sente modello x ti ricorda “insistentemente” il modello x verde pisello che è in stock da almeno 6 mesi. Tu cerchi di far capire al responsabile che soddisfare il cliente è più importante, perché te lo hanno insegnato al corso (ed anche perché un cliente soddisfatto ti porterà altri nuovi clienti) ma bonanotte!!!

    Non posso lasciarmi guidare da chi mi da la pagnotta, devo essere io a guidarlo dove mi dicono di andare. E poi ci lamentiamo se non riusciamo più a vendere!

    Altro esempio. Un mio cugino mi offre di gestirgli un negozio. Ottimo penso, finalmente metterò a frutto le mie capacità gestionali. Do fiducia ai miei collaboratori, delego, responsabilizzo: morale, in 6 mesi triplico il fatturato.

    Attenzione: il cugino non la prende bene. Pensa, com’è possibile? Non è nemmeno del settore e mi fa un tiro così! Ci deve essere sotto qualcosa. Ed infatti per lui c’è sotto qualcosa. Se io tratto in un certo modo i miei collaboratori o non ho personalità (della serie “voi dovete fare tutto quello che dico io”) oppure ho qualche intrallazzo strano con qualcuno di loro.

    Questo per dire che certi “stravolgimenti” culturali o gestionali (nel caso lavorativo) a volte possono dimostrarsi, anche a fronte di risultati evidenti, più controproducenti che altro se dall’altra parte non hai qualcuno che sappia correttamente interpretarli.

    L’Italia in genere da questo punto di vista è drammaticamente arretrata, nella maggior parte degli imprenditori un cambiamento del genere, se non ben compreso, rischia di fare più danni che non l’inesorabile ma lento declino che comunque il non aderirvi comporta.

    Il DNA che molti italici imprenditori hanno contempla la totale sfiducia nel prossimo, la volontà di soggiogare chiunque vedono come un possibile usurpatore del proprio potere (anche se è un collaboratore che da buoni, anzi peggio, ottimi risultati) o semplicemente chiunque proponga “soluzioni” che per loro sono inusuali.

    E’ necessario innanzitutto un cambiamento a livello globale, a meno che uno non si trovi ovviamente ad essere al livello di essere totalmente autonomo nelle proprie scelte, perché un semplice collaboratore da solo spesso può fare molto poco se dalla parte opposta si trova un muro di gomma. Ed a volte la sua “lungimiranza” gli si può addirittura rivoltare contro.

    Questa per lo meno, purtroppo, è stata la mia esperienza.

    P.S. Per non incorrere in equivoci di sorta da responsabile del negozio di mio cugino mi sono declassato a semplice commesso, e dopo poco più di un anno mi sono licenziato. Vivere sempre sotto l’assedio delle paranoie del prossimo non è vivere.

    • La storia delle tue esperienze Pier Paolo, mi confermano che abbiamo bisogno di leaders: persone che non abbiano paura di mettersi in gioco, nè di assumersi responsabilità.

      Ammetto che a volte per me sia difficile rimanere fedele a questo principio, ma sono stra-convinto che il cambiamento debba sempre partire da me per primo: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” – Gandhi

      Pretendere, ed aspettare che sia l’altro a cambiare per primo, è stato il più grosso errore che ho commesso nelle relazioni di coppia.

      • Alex, guarda che io sono perfettamente d’accordo con quanto hai scritto nel tuo articolo. Sia chiaro. Ho avuto la “fortuna” di avere un mentore che mi ha insegnato proprio quello che tu hai scritto ed è quindi quello che ho sempre applicato nella mia vita.

        E’ però indubbio che per far funzionare una dinamica del genere, soprattutto in ambito lavorativo (nel campo della mia relazione di coppia ad esempio funziona da sempre così) bisogna che ci sia la stessa consapevolezza, altrimenti una spinta univoca non ti porta da nessuna parte. Soprattutto se non sei tu poi a dettare le regole del gioco.

        Nell’ambito dove sono totalmente io il responsabile del “cambiamento”, questo principio lo metto in atto senza troppa fatica, mi è direi quasi naturale, ma in atri contesti non sono riuscito ad applicarlo, ma non per mia mancanza, semplicemente perché dall’altra parte c’era una chiusura pregiudizievole ad applicarlo.

        Ci sono persone che temono la leadership altrui, la vedono come un pericolo per loro stessi, non capiscono che se io responsabilizzo non con la paura della punizione, ma con l’aumento dell’autostima e della responsabilità, mi creerò un collaboratore che cercherà di dare sempre il massimo, oltre a farlo rendere sempre più competente e così via in una catena a scendere infinita con altri successivi collaboratori: si innesca infatti un “contagio” estremamente utile e produttivo per tutti.

        A me hanno sempre insegnato che il primo cliente dell’azienda è il proprio dipendente. Oggi purtroppo in parecchie aziende si trattano male pure i clienti, figuriamoci i propri dipendenti. E questo atteggiamento prima o poi si paga, ed anche con gli interessi.

        Non so voi, ma se qualcuno lavora in un’azienda motivata da questo principio ditemelo che inoltro subito senza alcun dubbio il mio curriculum! 😉

        • Il punto è: proprio perchè le cose NON funzionano (nei tuoi esempi si parla delle aziende, ma si può parlare anche dei rapporti di coppia, dei rapporti gentori-figli etc) c’è bisogno di leaders a portare avanti il cambiamento.
          Se ti do l’indirizzo dell’azienda dove motivano già tutti i lavoratori, non c’è bisogno di particolare leadership per perseguire un cambiamento 😉

          Per me il succo è sempre quello: proprio perchè le cose NON vanno, c’è bisogno che qualcuno le prenda in mano e la prima persona da cui mi aspetto che porti avanti questo cambiamento, è colui che vedo allo specchio.

          Tutto il resto è liberarsi della responsabilità.

          Io la vedo così.

          • In aziende in cui non sono io il titolare, o in cui comunque i miei “poteri” hanno ben precisi paletti, non vedo come possa essere io il leader di riferimento che può attuare quei cambiamenti.

            Se qualcuno ti delega quel potere bene, altrimenti il tutto rimane una bella teoria perché chi decide come operare non sei tu.

            Se invece sei tu in prima persona a tirare il carretto allora il discorso cambia: tu sei colui che attua le strategie e ne risponde in prima persona.

            Tu sei responsabile, fino a prova contraria, fino a dove hai un diretto coinvolgimento operativo che impatta in maniera considerevole.

            E soprattutto sei responsabile anche del saperti riconoscere i tuoi “limiti”. Sia nei confronti di te stesso ma principalmente nei confronti del prossimo.

            Pensare di essere più di quello che si è in realtà, è anche questa una forma molto grave d’irresponsabilità. E penso che gli esempi in questo senso si sprechino.

            Nessuno è un Superman in grado da solo di cambiare il mondo: per farlo c’è bisogno della collaborazione di ognuno di noi.

          • Pensare che ci sia bisogno della collaborazione di tutti e che debbano gli altri essere coloro che fanno il primo passo o che devono risolvere i problemi, per me sono 2 concetti diversi.
            Comunque io dalla mia penso che debbo essere io a fare il primo passo e non mi aspetto dagli altri che risolvano le situazioni. Non per questo mi sento Superman, semplicemente non mi illudo che siano gli altri a risolvere i miei problemi e non è assolutamente detto che sia io quello che riesce a risolverli. Diciamo che preferisco avere un ruolo attivo, piuttosto che passivo.
            Comunque Pier Paolo mi è chiaro ciò che vuoi dire, semplicemente abbiamo 2 modi diversi di vedere le cose: ci sta.
            Non intendo far diventare questo post una discussione politica (siamo fuori tema rispetto all’articolo e non intendo fare entrare la politica nel mio blog), motivo per cui ho anche cancellato il link al video che hai postato.

          • Sono convinto che tu stia equivocando alla grande il mio pensiero Alex. E penso anche di capire il perché.

            Se mi permetti, RESETTA le tue convinzioni (o quelle che un certo mondo che ruota attorno alla “crescita personale” ti ha insegnato), altrimenti tu leggi e capisci attraverso un FILTRO che è TUO, o di ALTRI, ma di sicuro non mio.

            Purtroppo quando ho occasione di interagire con chi ha seguito un certo filone “dottrinale”, si finisce sempre in questo modo: ed onestamente mi sono un po’ stufato ogni volta di rifare le stesse “precisazioni”, precisazioni che di solito si scopre (dopo enne interventi spesso inutili) non erano nemmeno necessarie, proprio perché quando si gratta via la “superficie” che non ci appartiene realmente (quando si ha però la reale volontà di farlo), si scopre, con SOMMA “meraviglia”, che in realtà si avevano le medesime idee e ci si scornava per “processi alle intenzioni” inesistenti.

            Questo mi conferma, quasi invariabilmente, che quando si hanno apparenti idee diverse questo dipende più che altro dal “plagio” subito, è questo plagio quello che ci fa giudicare i pensieri altrui, non siamo noi.

            E prima ci si accorge di essere vittime di questo “trucchetto”, prima si potrà realmente CRESCERE.

            Te ne parlo in maniera così esplicita perché io stesso ci sono passato attraverso (ho qualche anno in più di te, purtroppo o per fortuna) dopo aver combinato prima però, purtroppo, qualche bel disastro.

            Ma la vita funziona così: per capire bisogna innanzitutto sbatterci il muso in prima persona.

            Usando il sano vecchio buon senso, che fino a qualche anno fa ne$$uno vendeva a pacchetti roboanti un tanto a week end, certe cose si capiscono al volo: oggi invece sembra sempre di parlare due lingue diverse.

            E su queste lingue diverse qualcuno ci si riempie lo $tomaco!

            Buona continuazione.

  2. Bellissimo articolo…credo che la prima caratteristica dei Leader sia: guidare con l’esempio e come dici giustamente tu la cosa piu’ importante che fanno per il mondo attorno a sè è creare nuovi leader…in fin dei conti il miglior maestro non è quello che ha piu’ allievi ma quello che crea il maggior numero di maestri 🙂

    • Infatti Danilo: “to lead” in inglese vuol dire proprio “guidare”, ed io per guidare intendo più che altro “lanciare”, cioè tracciare la direzione lungo la quale poi lanciare le persone affinchè camminino da sole e guidino a loro volta.
      Questo in contrapposizione ad un “guidare” in cui io sto sempre davanti e voi mi dovete sempre stare dietro.

  3. Grazie per il post. Non sei il primo a dirlo, ma un rinforzino alle proprie (generalmente incomprese) convinzioni fa sempre piacere.

  4. Ne più ne meno ciò che viene indicato al ragazzo nel metodo scout: “guida tu la tua canoa”
    Era l’inizio del 1900….

  5. Ho trovato il tuo articolo molto interessante, credo anche io che la società attuale educa le nuove generazioni in modo sbagliato.
    Il vero leader è colui che non comanda, ma rende partecipi tutti gli altri membri del gruppo, al fine di raggiungere l’obiettivo finale.
    Bisogna riporre fiducia nei giovani, ovvero dar loro la possibilità di mettersi alla prova.

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